Benvenuti al nostro approfondimento dedicato al Biophilic Design, dove esploriamo come integrare la biofilia nei progetti architettonici attraverso linee guida e standard consolidati. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Alessandra Parolini, architetta, e Bettina Bolten, esperta e consulente di Biophilic Design.
Alessandra Parolini: Buongiorno a tutti, sono Alessandra Parolini, sono un'architetta e oggi sono qui con Bettina Bolten, esperta e consulente di Biophilic Design, e oggi parliamo invece di come, se esistono, degli standard o delle linee guida per incorporare la biofilia e il Biophilic Design all'interno dei progetti.
Bettina Bolten: Ciao Alessandra, stai introducendo un argomento estremamente importante perché abbiamo detto che il Biophilic Design è una scienza applicata quindi ci basiamo proprio su dati scientifici. Esistono diversi protocolli, devo dire nel tempo alcuni ne hanno provato i risultati, diciamo alcuni risultati sono validi da un punto di vista sempre scientifico, altri un po' meno però abbiamo delle linee guida a disposizione e se vuoi ti faccio un piccolo obbligo di quello che esiste.
Abbiamo parlato già di Stephen Kellert che è il padre appunto del Biophilic Design e di questo suo lavoro molto importante che risale addirittura il 2008 dove lui da per primo un direi completo, va abbastanza completo framework, un lavoro sistematico di Biophilic Design. Lui parla di due dimensioni del Biophilic Design, una naturalistica organica e poi una vernacolare, suddivide gli argomenti per sei aree tematiche e poi individua ben 72 attributi di Biophilic Design.
Bettina Bolten: Allora è un argomento un po' complesso perché non ti nego che essendo lui stato un ecologo capiva diciamo un po' meno di architettura chiaramente e lui è quindi partito dal suo da una base biologica di storia evoluzionistica, di psicologia e biologia evoluzionistica e ha individuato tutta una serie di attributi basandosi, ovviamente, su tanti studi scientifici di altri ambiti altri scienziati. Ha fatto un lavoro splendido, però, non ti nascondo, di difficile applicazione perché alcuni di questi argomenti si sovrappongono anche, sono interconessi e diventa estremamente difficile anche interpretarli per un architetto interior design.
Proprio per questo motivo dopo il 2008, nel 2014 arriva una azienda di consulenza statunitense basata a New York, Therapy Right Green, che individuano 14, li chiamano pattern o modelli del Biophilic Design, li pubblicano all'interno di un dépliant che si trova anche su internet tranquillamente. Loro traducono, diciamo, questi studi di Kellert in una chiave più applicabile perché loro sono effettivamente dei progettisti. È un approccio empirico, quindi sulla sperimentazione ed esempi. Hanno, inoltre, aggiunto un 15esimo pattern nel 2020. Insomma, questo è un lavoro che è più vicino alla pratica del progettista.
Dopodiché Stephen Kellert a sua volta ha coinvolto un architetto Elizabeth Calabrese, americana anche lei, e hanno fatto una specie di pulizia, chiamiamola così, fra i 72 punti e hanno fatto un protocollo di 24 argomenti attributi del Biophilic Design, suddivisi per tre aree tematiche:
Questo accadeva nel 2015, poi nel 2018 esce un libro postumo di Stephen Kellert, mancato da due anni, dove vengono pubblicati 25 argomenti però non dà grandi novità rispetto al lavoro precedente. E poi, adesso, devo essere un po' autoriferita, arriviamo noi io insieme al biologo Giuseppe Barbiero con cui abbiamo svolto tanta ricerca in questi ambiti. Abbiamo sviluppato, a partire dal 2019, un protocollo, un modello, noi lo chiamiamo modello che è un work in progress ancora. Siamo arrivati a dieci argomenti, partendo proprio dalla psicologia evoluzionistica, per applicare il Biophilic Design.
Bettina Bolten: Entriamo nel vivo quindi allora ti faccio questo elenco:
Spero di non avere dimenticato nessuno.
Bettina Bolten: Non lo scegli io, ma lo dico. Visto che appunto dobbiamo rimanere in ambito scientifico e sicuramente adesso te li ho detti in un ordine di importanza, però non è stato un caso se ho nominato per primo tema è la luce. La luce è assolutamente fondamentale per mantenerci in salute. Questo lo dovremmo dire a tanti architetti e a tanti d'autori di lavoro perché le statistiche dicono che tanti lavoratori non hanno accesso, del tutto, oppure scarso accesso, alla luce naturale. Questo incide non solo sulla produttività ma anche sulla salute di queste persone.
Bettina Bolten: Sì è un argomento che, tra l'altro, non era stato esplicitamente trattato da nessuno dei protocolli precedenti e ad un certo punto abbiamo iniziato a ragionarci. Gli odori per noi, anzi per i nostri antenati, utilizzare l'olfatto era fondamentale per capire se c'erano dei pericoli nell'ambiente. Un qualcosa, magari, in decomposizione. Dovevano saperlo. Inoltre è uno dei nostri sensi, probabilmente, più antichi e forse anche uno di quelli meno esplorati. Se pensiamo, ad esempio, quando ci addentriamo in una stanza d'albergo la prima cosa che notiamo è proprio l'odore, prima di qualsiasi altra cosa. Oppure quando andiamo in un ambiente che ha l'odore che rimanda a delle esperienze positive, avvenute durante l'infanzia, ce lo ricordiamo e ce ne accorgiamo subito.
Alessandra Parolini: Ma tra l'altro, su questo argomento, credo che noi architetti forse le abbiamo sottovalutato. Le persone che vendono le case un po' meno! Nel senso che, in America, mi ricordo che facevano cucinare delle torte prima degli Open House proprio perché le persone associano al sapore, al profumo della torta, un qualcosa di molto molto intimo. Stimolavano l'acquisto anche con i sensi.