In questa intervista , ci addentriamo nel mondo dell'architettura sostenibile e dell'integrazione ambientale attraverso il racconto del Polo Logistico Amazon MXP3, un progetto di vasta portata che ha richiesto anni di impegno e dedizione da parte dello Studio di Architettura Carlo Rosso - Emanuela Fornaro. Fondato a Vercelli nel 1994, lo studio vanta quasi 30 anni di esperienza nell'ambito dell'architettura pubblica e privata. Il Polo Logistico Amazon MXP3, realizzato su una superficie di 160.000 mq, rappresenta un esempio tangibile di come l'architettura possa coniugarsi armoniosamente con l'ambiente circostante. Attraverso l'intervento di Carlo Rosso Fornaro e del suo team, l'edificio logistico si trasforma in un'opera che non solo si inserisce nel paesaggio, ma contribuisce attivamente alla sua conservazione e valorizzazione. Scopriamo i dettagli di questo progetto e l'approccio filosofico che ne ha guidato ogni fase.
Il nostro studio è uno studio di architettura, nasce a Vercelli nel 1994, tra breve compiamo 30 anni di attività. L'attività che si è concentrata soprattutto sull'architettura pubblica e privata.
Oggi racconteremo un progetto che ci sta molto a cuore, che abbiamo realizzato pochi mesi fa, all'inizio di aprile, e ci ha impegnato per 6 anni. Il progetto del polo logistico Amazon MXP3. È un progetto molto vasto. Infatti, per farsi un'idea di quello che poi è stato il progetto pratico di cui ci siamo preparati, bisogna forse dare alcuni numeri per capire: il polo logistico è un polo che insiste su una superficie di 160.000 mq, che sono circa 20 campi da calcio, giusto per rendersi conto della dimensione. E tutta la parte verde di cui ci siamo occupati direttamente è un'area di 115 mq su cui abbiamo piantumato circa 20.000 alberi di alto fusto, 7.500 arbusti, e senza contare tutti i tappezzanti.
Quello che di sicuro è l'aspetto più importante era la capacità di lavorare su questi grandissimi spazi per mitigare l'impatto enorme che questo edificio avrebbe avuto sul paesaggio circostante, quindi abbiamo cercato di recuperare, visto che appunto come dici tu, ha un grande impatto nel nostro paesaggio, recuperare la memoria identitaria proprio del paesaggio agricolo.
Nei primi lotti erano più vari, comunque sempre autoctone. Mentre invece, nel secondo lotto ci siamo occupati principalmente di tutta la parte di recinzione verde che abbiamo studiato in modo particolare per quel luogo. E mentre invece nell'ultimo lotto, quello dell'ampliamento, ci siamo più focalizzati proprio con un'idea specifica, quella di riportare l'aspetto proprio della pianura padana, soprattutto il pioppo. Quindi questo effetto di mascheramento l'avremo in tempi molto brevi. Anzi adesso, il periodo è stato molto lungo, tra i 6 anni iniziali, già il viale che abbiamo fatto, di 1 km con 400 piante, sono già arrivati a 10.000. Si pensi che comunque, nel giro di 15 anni, tutte queste specie di prima grandezza riusciranno a creare un mascheramento.
Una frase che ho letto tantissimi anni fa, su una rivista, e mi ha colpito fino ad oggi, è una frase di Lao Tsé , filosofo cinese vissuto 2500 anni fa: "La facciata di una casa appartiene a chi la guarda." È molto importante perché esprime esattamente la responsabilità del progetto, la capacità di chi guarda. Per me rappresenta proprio la responsabilità in generale della figura dell'architetto, della figura di tutti, anche i cittadini che dovrebbero essere più sensibilizzati verso lo spazio urbano. Quella è di sicuro una frase che ci tipifica e che apprezziamo. Ma proprio perché in una frase c'è un mondo, c'è un modo di vivere, ma soprattutto perché l'architettura ha uno scopo soprattutto sociale che si sta un po' perdendo.